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La saga dei Fanes - Analisi della leggenda

Il Regno dei Fanes: 5 - Il tradimento del re

Già nei capitoli precedenti si è osservato come alcune incertezze narrative possano essere attribuite alla mancanza di informazioni di prima mano da parte di chi cominciò a raccontare le vicende della leggenda. Da qui in avanti le testimonianze dei pochi sopravvissuti, su cui il racconto si basa, diventano frammentarie, reticenti, spesso ricostruite sulla base del mero sentito dire, talvolta addirittura stravolte ad arte per far ricadere sul re tutte le colpe e tutte le infamie. Fortunatamente ne sappiamo ormai abbastanza del quadro generale per tentare di rimettere assieme in modo più coerente i vari tasselli giunti fino a noi.

Compendio del testo
Osservazioni
Dolasilla guarisce dalla ferita e torna a combattere, protetta dal grande scudo di Ey-de-Net. Le vittorie dei Fanes non hanno più limiti. Quando un bel giorno Ey-de-Net viene a chiedergli la mano della figlia, il re si sdegna. Ma anche Dolasilla si è innamorata del suo portascudo, e si dichiara stanca di combattere. Vista l’insostituibilità di Ey-de-Net, il re finisce per fingere di cedere, ma rimanda le nozze e frattanto elabora un piano. Sa che i due si sono promessi di non scendere più in battaglia se non insieme. Nella sua smisurata avidità di ricchezze, egli medita di farsi rinchiudere nell’Aurona con tutta la sua famiglia. Per far ciò servono molti operai che trovino e riaprano l’ingresso. Il re dunque contatta segretamente il nemico, i "popoli del sud", che stanno preparando la guerra contro i Fanes, e raggiunge un accordo: evitando che Dolasilla scenda in battaglia, egli consegnerà nelle loro mani la vittoria e con essa il suo regno; i Caiutes, una volta vincitori, scaveranno in cambio per lui le porte dell’Aurona. Detto fatto, il re bandisce Ey-de-Net, sicuro che Dolasilla non combatterà senza di lui in forza della promessa fattagli, e si ritira sul Lagazuoi ad aspettare gli eventi. Ey-de-Net lascia il regno senza aver potuto rivedere la promessa sposa.

Quando Dolasilla annuncia il suo consenso a sposare Ey-de-Net, il re non può che esserne contento: era esattamente quello che si aspettava. E' probabile che abbia finto della contrarietà per nascondere la combine e aumentare il consenso nei confronti del matrimonio da parte dei suoi irrequieti guerrieri, che avrebbero storto il naso se avessero saputo che le nozze di Dolasilla con un “nemico” erano state preconfezionate da tempo, e che quindi non si trattava, o non si trattava soltanto, di un matrimonio d’amore, ma anche di un’accorta mossa politica del re.

Può anche darsi che il re dei Fanes sia stato avido di ricchezze, ma non certo al punto di "farsi rinchiudere nell'Aurona". Tuttavia questa formulazione lascia intendere che una miniera debba essere entrata davvero nella storia. Vediamo di ricostruire cosa potrebbe essere successo, sulla base deglii indizi esistenti.
Se si annuncia una guerra coi 'popoli del sud', è molto probabile che i Fanes abbiano violato la tregua stabilita coi Cajutes, provocando la ferma reazione dei Paleoveneti. Evidentemente l'autorità del re doveva già essere in forte ribasso. Adesso i nemici stanno raccogliendo truppe per inviare contro i Fanes una spedizione punitiva con forze schiaccianti. Abbiamo visto nel precedente capitolo che il re è in realtà egli stesso un Cajute, quindi non desidera certo muovere contro questi ultimi, e sa benissimo che contro i Paleoveneti i Fanes alla lunga non possono spuntarla. Possiamo supporre che Il re dei Caiutes abbia fatto al suo congiunto una proposta generosa, sia pure sotto forma ultimativa: i Fanes smettano per sempre le loro scorrerie, ed io concederò loro l'usufrutto di una ricca miniera, così smetteranno di pianger miseria. Il re dei Fanes ovviamente accetta di buon grado, ma i giovani guerrieri della tribù niente affatto. Mai essi si piegheranno alle condizioni imposte dal nemico, tanto meno accetteranno l'umiliazione di faticare in una miniera: vivere di rapina è molto più divertente. Se il re ha accettato simili condizioni, è un traditore del suo popolo, colluso col nemico, indegno del titolo che porta. Il re in effetti scompare e non si saprà più nulla di lui; Ey-de-Net viene scacciato, ma non certo dal re, bensì dai Fanes stessi.

I Fanes sono in gravi ambasce: sparito il re, sparito Ey-de-Net, Dolasilla si rifiuta di combattere nonostante i reiterati scongiuri, ed il dilagante nemico è ormai alle porte. Il principe aquila suggerisce di attaccare di notte, col favore delle tenebre. Tormentata dal dilemma, se mancare alla promessa o vedere sconfitto il suo popolo, Dolasilla alla fine acconsente a scendere in campo.
I Fanes devono aver cominciato a contare i nemici, che attendono armi al piede la scadenza dell’ultimatum, ed a rendersi conto di trovarsi veramente nei guai. Ma ormai non potrebbero più ottenere una tregua, neanche se la desiderassero. Ed allora si attaccano a Dolasilla come ad un’ancora di salvezza: forse, con lei in campo a guidarli, c’è ancora una speranza. L’insistenza con cui si moltiplicano gli appelli alla principessa potrebbe rifarsi abbastanza direttamente al canone omerico di Achille supplicato a combattere, o ad analoghe perorazioni letterarie più tarde: eloquente indizio che la ridondante fioritura retorica di questo capitolo della leggenda non è in realtà che un abbellimento sviluppato in tempi successivi.
La ragazza invece probabilmente deve comprendere bene che tutto è perduto ma, alla fine, acconsente a guidare l’ultimo assalto disperato.

Ey-de-Net, alla ricerca di un silvano suo amico, ritrova la "cornacchia", che gli comunica la notizia che Dolasilla tornerà nonostante tutto a combattere. Il silvano, visto che l’eroe si sente tradito per la promessa non mantenuta e che afferma di volersene andare per sempre, lo manda a consultare l’oracolo delle ninfe del lago (le eteree mjanines). E l’oracolo gli risponde che Dolasilla non aveva altra scelta che quella di rompere la promessa, e che morirà presto. Ey-de-Net cerca di tornare dai Fanes per difenderla, ma arriva troppo tardi.
Fuggito o bandito dal regno dei Fanes, Ey-de-Net indugia nei suoi paraggi: non tenta affatto di tornare, né tra i Fanes, né tra i suoi vecchi compagni d’arme; né si dà alla fuga. Questa circostanza lascia supporre che potesse avere un piano precostituito per reincontrarsi con Dolasilla. Sospetto che Ey-de-Net si rechi dal silvano perché è d’accordo che Dolasilla lo raggiunga lì per andarsene assieme a lui: ed è solo quando e perché questo non avviene, (e invece gli giunge voce che Dolasilla abbia deciso di scendere in campo), che cade preda dello sconforto, convinto che la ragazza abbia scelto piuttosto di morire insieme al suo popolo. Naturalmente i Fanes non potevano sapere - né i pochi sopravvissuti mai avrebbero potuto ammetterlo, quand’anche lo avessero sospettato - che anche Dolasilla stesse per tradirli: e quindi i narratori dovettero escogitare una spiegazione del tutto diversa per giustificare il suo comportamento.

Dolasilla si reca a trovare il silvano amico di Ey-de-Net ed apprende che questi se ne è andato per non tornare mai più. Mentre ritorna, incontra una frotta di strani bambini cenciosi, che le chiedono le sue frecce, e finisce per regalargliene una a testa, tredici in tutto. Quando giunge al castello, la possente coalizione nemica è già in vista, accampata sul Pralongià.

 

Nella sua prima parte, l'episodio non è che il contraltare del precedente. Dolasilla si reca sì all'appuntamento, ma a causa del medesimo equivoco si convince che Ey-de-Net abbia deciso di abbandonarla per sempre.
La seconda parte è un mero
artificio scenico per far apparire che sia l'eroina stessa, disperata, a cedere volontariamente le sue stesse frecce, quelle che le daranno la morte. Si intende con ciò rimarcare che l’eroina poteva soccombere unicamente a frecce non solo “magiche”, ma anche “infallibili”. Tuttavia la presenza dei misteriosi bambini apparsi come per magia, nonchè del 'magico' numero tredici lascia pensare che si tratti soltanto di un'interpolazione posteriore.

 

Commento

La trama della leggenda, come essa ci è giunta, dimostra sempre più di essere la particolare visione degli avvenimenti come potevano vederli i Fanes, ossia da una prospettiva molto limitata e parziale. Nessuno di loro, a parte il re e forse Dolasilla, poteva rendersi conto di aver suscitato l'ira di una potenza in grado di distruggerli senza nemmeno scomporsi troppo. Nessuno poteva avere la visione necessaria a comprendere che il possesso di una miniera avrebbe consentito loro di uscire da una condizione di precaria sussistenza, per raggiungere quasi il benessere. Nè essi sospettavano che il re avesse precombinato il matrimonio tra Ey-de-Net e Dolasilla. Il re probabimente ha tradito la moglie, ma ha soltanto fatto del suo meglio per salvare il suo popolo dalla catastrofe. Ma non viene compreso. Non sappiamo e non sapremo mai se sia riuscito a fuggire assieme alla sua Tsicuta, ma è molto più probabile che i Fanes lo abbiano messo a morte, forse all'insaputa della stessa regina.