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La saga dei Fanes - Analisi della leggenda

Il Regno dei Fanes: 2 - Miti innestati

A questo punto della narrazione Wolff innestò due miti preesistenti alla saga dei Fanes, che dovevano far parte del sottofondo culturale di chi l'aveva sviluppata, dal momento che la leggenda vi farà riferimento in più punti, utilizzandoli come archetipo per alcune specifiche situazioni e personaggi. Essi sono:

      • Ey-de-Net e Spina-de-Mul: la trasposizione di un antico rito iniziatico
      • L'Aurona: la favolosa miniera, in cui si adombrano oscuri riti di fertilità della vena

 

Compendio del testo
Osservazioni

1. Ey-de-Net e Spina-de-Mul

Al confine del paese dei Fanes giunge sul far della notte, dal lontano paese dei Duranni, un ragazzo che vuole diventare un guerriero. Poco lontano uno scudiero, che torna con la piccola Dolasilla dall'incontro con l'aquila, viene assalito da un potente stregone, Spina-de-Mul, che può assumere l’aspetto di uno scheletro di mulo mezzo putrefatto e non può essere colpito con le armi. Il ragazzo lo attacca nell’oscurità a colpi di pietra e riesce a costringerlo alla fuga, ed infine a metterlo a terra. Allora il mago gli assegna il nome “Ey-de-Net” e se ne va. Ey-de-Net trova una splendida pietra preziosa (la Raietta) che il mago ha perso nel combattimento, ma la regala a Dolasilla perché smetta di piangere.

 

L’intera sequenza di combattimento altro non è che una cerimonia di iniziazione: il ragazzo deve sconfiggere le più ancestrali paure ed abbattere il fantasma della morte per ricevere il nome che lo ammette nella società degli uomini. E’ chiaro poi che lo stregone si “maschera” da mostro per incutere timore al fanciullo, ma in realtà oppone una resistenza soltanto simbolica. Il carattere “non-morto” del mostro è connesso al simbolismo di morte e rinascita legato al rituale iniziatico.
Il mito ha un carattere primordiale, legato ad una cultura addirittura più antica dei Fanes, forse persino paleolitica. Potremmo perciò trovarci in presenza della sovrapposizione di due nuclei leggendari distinti. Il più antico parlava della cerimonia iniziatica di un giovane destinato a diventare un grande guerriero, ad opera dello stregone della sua tribù, qualunque essa fosse; stregone che nel corso delle cerimonie iniziatiche assumeva il nome di Spina-de-Mul ed aveva tutti i caratteri sciamanici che troviamo ancora oggi incorporati nella nostra leggenda.
All’epoca dei Fanes, lo Spina-de-Mul dell’antica leggenda era ormai inteso come l’archetipo dello stregone, ed Ey-de-Net il corrispondente archetipo del guerriero. Vedremo più avanti che la coppia dei personaggi si ripeterà: avremo nuovamente il contrasto anche fisico tra un astuto capo spirituale ed un grande guerriero, che poi si innamorerà al punto di abbandonare il suo popolo. Può dunque aver avuto luogo la sovrapposizione mitologica e di conseguenza l’identificazione dei personaggi, per cui nomi e gesta appartenenti al nucleo più antico hanno finito per migrare nei protagonisti di quello più recente.
Anche la presenza dell'infante Dolasilla nella scena deve essere considerata nient'altro che un sottoprodotto della sovrapposizione dei miti di cui sopra.

2. L'Aurona

Sotto la catena del Padon c’era un tempo una porta d’oro, sempre sbarrata, che dava nel paese dell’Aurona, i cui abitanti avevano rinunciato alla luce del sole per poter ammassare ricchezze in oro e pietre preziose. Un giorno nel soffitto si crea un forellino, attraverso il quale un vecchio può ammirare la bellezza del mondo di fuori; ma ne rimane acciecato. Così il buco viene turato, ma in tutti nasce la smania di uscire; soprattutto nella principessa Sommavida, che resta a lamentarsi vicino alla porta. Giunge Odolghes, giovane re di Contrin, e per liberarla sfonda la porta d'oro picchiando per sette giorni con la spada. Quindi se la sposa, sdegnando le altre ricchezze; ma la punta della sua spada rimane splendente d’oro, tanto che l’eroe viene soprannominato Sabja de Fek (Spada di fuoco). Gli abitanti dell’Aurona si disperdono per il mondo e l’ingresso del sotterraneo viene dimenticato e sepolto dalle frane.

 

Come fatto notare dal Palmieri, l’italiano rame deriva dal tardo latino auramen, quindi il nome post-latino non implica affatto che la miniera fosse d’oro (fatto geologicamente poco probabile). Poteva invece trattarsi benissimo di una miniera di rame. Questo metallo, tuttavia, nell’età del Bronzo medio o recente, l’avrebbe resa pur sempre una fonte di grande benessere materiale per tutta la zona.

Il mito dell’Aurona presenta dei significativi parallelismi con la leggenda della Delibana. In quest’ultima, la Delibana è una vergine che deve restare sepolta nella miniera per garantire la fertilità della vena; potrebbe esserne liberata da un principe ma, poiché ciò non accade, finché ella non muore la miniera prospera. Sommavida invece viene liberata dal “re di Contrin”, e quando ciò si verifica la miniera decade irrimediabilmente.

Sono dunque propenso a ritenere che la leggenda dell’Aurona descrivesse in origine l’archetipo di una miniera di rame dell’età del Bronzo ed abbia avuto origine proprio in quell’epoca sotto forma di mito descrivente in modo velato un’oscura pratica religiosa dei minatori volta a propiziarsi gli “spiriti della montagna”, o meglio le conseguenze in cui si sarebbe potuti incorrere trascurandola. Vedi in >Approf. >Aurona ulteriori considerazioni sull'argomento.

Commento

Perchè Wolff volle inserire questi due capitoli che risultano chiaramente collaterali alla saga dei Fanes vera e propria, mentre ad esempio non fece lo stesso per la "Croda Rossa"?

Per quanto riguarda Ey-de-Net e Spina-de-Mul, la vera ragione è il fatto che i nomi dei due protagonisti avranno una parte molto importante nel prosieguo della saga, e presumibilmente Wolff non si rese conto che si trattava di due coppie di personaggi distinte, separate da una notevole distanza di tempo e identificate tra loro a livello archetipico, per mera omogeneità comportamentale. L'altro (esile) trait-d'-union è rappresentato dalla Raietta, che Ey-de-Net avrebbe donato a Dolasilla in fasce, che poi entra a far parte della panoplia della guerriera e che Spina-de-Mul cerca di riavere con ogni mezzo. Ma la storia starebbe in piedi benissimo anche ammettendo che la gemma donata dall'eroe antico ad una bambina ignota fosse cosa del tutto diversa da quella successivamente attribuita al corredo iconografico di Dolasilla.

Un riferimento all'Aurona ricorre invece almeno tre volte nella saga dei Fanes; in nessun caso però abbiamo a che fare con un luogo od una situazione precisa, ma solo con dicerie, tanto da giustificare ampiamente l'asserzione che già al tempo dei Fanes dovesse trattarsi di un luogo leggendario, archetipico, che viene automaticamente tirato in ballo tutte le volte che si parla di miniere o di metalli. Anche la sua pretesa localizzazione nel Padon appare così del tutto arbitraria.